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Profondo Nero - Incipit e dintorni

Ad incipit di  “Profondo Nero” sta la domanda:

 

Dove sta il vero?

 

domanda che mi ha assalito da subito quando ho avuto per le mani la prima volta il libercolo nero.

Così come la sensazione di liberazione nell’”avere fra le mani una biro, un quaderno analogico …… uscire dalla schiera quotidiana del binario pensare sempre al falso e al vero come se la vita tornasse a sani toni di grigio più visti da secoli dimenticati quasi mai esistiti tutto è 0-1 sopra di noi”

Tanto da pensare che davvero “come manna dal cielo fosse arrivato il Libercolo Nero”.

Quasi ogni cosa presente in questo libro è figlia di questi tempi, per un verso o per l'altro. E questo tempo è un tempo ostile, un tempo difficile per tanti motivi, un tempo cupo, fosco, dalle tinte medioevaleggianti, in una parola, non casuale, nero, come la pece, come la notte che stiamo vivendo quotidianamente, nero come l’orizzonte che non riusciamo quasi più a vedere.

Di questo mondo attuale la tecnologia è uno degli aspetti determinanti, cruciali per capire che cosa è successo e cosa sta succedendo, in ogni città, quartiere casa e stanza, stravolgendo in ogni aspetto ciascun essere vivente su questo pianeta specialmente negli ultimi 20 anni.

 

Tecnologia che sembra in un primo tempo venirci incontro con accattivante e sinuosa bellezza e che sembra essere in apparenza la nostra unica ancora di salvezza in un mondo in tempesta, in realtà, come diceva Gaber all’inizio del nuovo millennio, e in un certo qual modo anche Pasolini 30 anni prima, con il suo assalto ci ha stravolto la vita, costringendoci volenti o nolenti a finire per entrare a far parte di questa inconscia ed incosciente comunità globale. E Gaber non aveva nemmeno immaginato cosa tutto quello che stava vivendo sarebbe potuto diventare da lì a pochi anni… basti pensare all’oggi dove l’assalto di tecnologia è diventato un fiume incontrollato di smartphone, tablet, social network, app etc..,  ma parlava ancora da un mondo ove il personal computer si era appena collegato ad internet, i telefoni servivano per telefonare, o al più c’erano gli sms e la televisione, così come i monitor erano ancora prevalentemente catodici. Di sicuro non erano touch. 16:9, smart, wifi, 4K etc etc… e i social network niente di più di quello che sarebbe potuta essere la loro traduzione letterale. Guardandola da questa prospettiva sembrerebbe di parlare della preistoria, tanto che mi viene da pensare che se questo incipit fosse scritto tra qualche mese menzionerebbe di sicuro qualcosa d’altro, chiamiamola innovazione, che renderebbe tutto lo scritto alle mie e vostre spalle obsoleto e nella migliore delle ipotesi vintage come usiamo chiamarlo oggi.

Non esiterei a definire, senza presunzione, questo fiume di tecnologia che sta condizionando sempre più le nostre vite, così come l’epoca che stiamo vivendo “tecnologismo”.

Ma cosa c’entra il “tecnologismo” con la poesia e perché far partire questo viaggio proprio dalla tecnologia? A mio personalissimo parere c’entra e questo perché è parte concreta se non imprescindibile della nostra vita, determinandone ragion d’essere epoca così come in passato lo sono stati, ad esempio, positivismo, romanticismo, illuminismo, decadentismo o futurismo.

Non che la tecnologia o la scienza non abbiano mai condizionato l’uomo, ma anzi, senza di esse non ci sarebbe stata l’evoluzione dell’uomo e il riscatto ed il dominio almeno apparente del pianeta negli ultimi due secoli. Però oggi ha cessato il suo ruolo di catalizzatore del progresso e di strumento per il miglioramento dell’uomo ma ne è divenuto nostro malgrado il fine.

Non vorrei con questo sembrare il solito pseudo no-global che grida allo scandalo per come il mondo è diventato negli ultimi anni, anche perché sarei un pazzo, dal momento che di questo mondo tecnologico, volente e nolente vivo da oltre 20 anni, e sono tuttora terribilmente affascinato dalle nuove frontiere del sapere umano e della tecnologia, ma proprio per questo penso di avere maturato un certo  disincanto e per questo mi sento di dire che oggi sono più disilluso che rinsavito, citando uno stato d’animo di foscoliana memoria, che ben si addice al mio attuale pensiero e quindi, distaccato ma sempre più convinto che tutta questa tecnologia che ci ha già profondamente stravolto e che tra non molto ci sconvolgerà ulteriormente entrandoci ancora di più nella pelle, dopo un’apparente euforia iniziale quasi da sbornia, chieda purtroppo sempre più presto un drammatico ed inevitabile tornaconto che ha degli effetti devastanti sulla libertà personale, sul nostro modo di vivere quotidiano, su come noi e quello che ci piace condividere con gli altri diventi parte integrante del know-how che non si sa bene chi, ha di noi stessi.

Mi piace pensare al vero punto di svolta del tecnologismo, cioè quando l’informatica per la prima volta è stata in grado di condizionare, e pesantemente il mondo, la storia. Penseremmo che ciò è avvenuto nel nostro recentissimo passato, nei nostri giorni recenti e invece, pur non risalendo all’epoca degli specchi di Archimede usati in una troppo remota guerra, è stato, poco più di 70 anni fa, l’utilizzo dell’invenzione di Turing, prima vera macchina assimilabile ad un calcolatore, che nella seconda parte del secondo conflitto mondiale ha favorito le mosse vincenti degli alleati come in una primigenia scacchiera virtuale determinando i destini dell’ultima, almeno ufficialmente, guerra globale.

Ed io che ho le macchine di Turing nel sangue non posso restarne insensibile …

Tornando al punto di partenza, per rispondere in prima battuta a questo punto che ritengo un crocevia essenziale per spiegare la dinamica del nostro tempo, ho separato le poesie in 3 capitoli, o più che capitoli MOMENTI, cosa un po’ strana per quello che è un libro di poesie, e clusterizzare i filoni principali affrontati ed aiutare il lettore a capire meglio quanto espresso in questi versi del nuovo millennio dandone una connotazione temporale, spaziale e sentimentale.

I momenti sono Tempi Moderni, L’Oltre Dentro, e Luoghi.

“Tempi Moderni”, ripropone un po’ come fece Chaplin al tempo del suo “Modern Times”, uno spaccato multidimensionale del vivere nel tempo odierno e le sue conseguenze aberranti dirette ed indirette sulle creature che popolano questo pianeta trasformate in automi senza alcuna capacità di autodeterminazione.

“L’Oltre Dentro” rappresenta tutto ciò che in questi ultimi anni mi ha attraversato in profondo, figlio di particolari momenti che ho vissuto, spesso di basso ma che a volte invece mi hanno spinto verso un alto inaspettato che nemmeno nel migliore degli stati avrei pensato di riuscire a raggiungere.

“Luoghi”, invece, nasce per caso, trovandomi volontariamente ma più spesso involontariamente a scrivere di luoghi reali ed irreali in cui sono passato in questi anni o che invece magari fanno parte del mio bagaglio di ricordi o che, invece, più semplicemente ho solo immaginato.

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Ed ora... 

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è tempo per ...

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una menzione di merito, 

 

Un Diploma d'onore 

assegnato all'opera

"Profondo Nero” 

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dalla Regione Lombardia

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ed infine ... 

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​i â€‹â€‹ringraziamenti:

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Profondo Nero a dispetto del nome e del colore non è come il Libercolo Rosso un libro autoreferenziato ed autarchico ma è frutto di tante idee e collaborazioni di amici che mi hanno aiutato a dare un senso anche fuori dai versi a quello che avevo scritto in questi anni. E la veste grafica che mi è stata gentilmente concessa dal genio fotografico visionario di Alberto, collega ed amico (http://thepixelrevenge.net) interpreta, come non avrei mai saputo fare io, pienamente il senso dei versi scesi a calcare le pagine di questo libro. 

Proprio come l'angelo di Klimt, geniale intuizione di Francesco, amico e critico (o critico e amico) che guardando i miei scritti dalla scrivania del  professor Keating ha saputo trovare un filo conduttore dal passato al  futuro che nemmeno in cent'anni di elucubrazioni avrei potuto dipingere ed esprimere allo stesso modo.   

Al pensare che sia stata scritta in pochissimo tempo in viaggio su un treno non posso che rimanerne incredibilmente piacevolmente stupito e contento. 

Daniele ed Enrico, uno paziente lettore e critico che definire severo sarebbe decisamente riduttivo il cui supporto morale e materiale è stato indispensabile in tutti questi anni di paziente ascolto, l'altro  che mi ha fornito senza saperlo spunti e idee che sono finite direttamente tra le righe dei miei versi.

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E ora è venuto il momento di ricordare Beppe ed Andrea cui il libro è dedicato e che sono venuti a mancare recentemente mentre ancora stavo scrivendo. Beppe mio cugino e Andrea mio carissimo amico entrambi insostituibili e vivi sempre nel profondo del mio cuore.

Solo che non so cosa altro dire di più e di meglio, perché la morte farà anche parte integrante ed ineluttabile della vita, ma ci lascia sempre senza fiato o, come piace dire a me, senza afflato di parola....

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e per chi fosse per caso interessato al libro cartaceo basta mandarmi una mail cliccando il 

link 

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